22 gennaio 2018

L'insostenibile leggerezza dell'amore: amo i folli, i pazzi, gli sbagliati.



Oggi ho fatto il tiramisù. Niente di particolare in effetti.

Se non fosse che quando cucino dolci in quantità adatte a sfamare anche il resto del paese, qualcosa non va. E' sempre stata una valvola di sfogo la cucina, per me.
Lo sanno bene i miei colleghi, ogni qualvolta ho riversato su di loro quintalate di dolci realizzati nel weekend in preda a crisi isteriche.

Non sono intollerante a nessun alimento: è già il secondo anno che faccio tutti i test del caso e nemmeno l'ombra di un piccolo rigonfiamento sulle braccia.

Ho capito ormai che la mia intolleranza è nei confronti delle persone. 

Di alcune persone, specifico. E nella fatti specie, per rincarare la dose, il tipo di persone che senza volerlo, continuo a incontrare in questi ultimi anni. E di cui me ne innamoro follemente.

Non nel modo canonico, no, sarebbe troppo facile. Me ne innamoro perché ho la sindrome da crocerossina che non mi abbandona mai: mi piacciono le persone difficili, quelle tristi, quelle che non sono mai contente, quelle incapaci di provare (ormai), qualsiasi tipo di sentimento.

Sono la mia sfida quotidiana al mio essere così romantica e sognatrice. Ma sono anche il mio massacro emotivo. Odi et amo, odio il latino ma mai nessuna frase potrebbe essere più azzeccata.

E onestamente non mi spiego perché insisto ad avere persone così nella testa. 

Non sono persone che portano positività nella vita, eppure credo che quello che riescano a concederti, sia in realtà mille volte di più di quello che possono darti gli altri. Perché non ne sono più capaci e quelle poche volte che lo fanno, ha un valore aggiunto.

Il problema vero è che su un milione di parole pesanti, gesti inutili e dannosi, schizzi e schizzetti mentali, rifiuti e preconcetti, c'è una singola volta che esistono. In un modo carino. Solo che a quelle come me non basta mai. E ci provi e ci riprovi perché sei convinta che le persone possano cambiare a qualsiasi età.

Che le persone possano smussare i loro spigoli, possano (ri)tornare a sorridere nonostante le peggio cose che la vita gli abbia riservato. Perché quella rabbia che io mi porto dentro, è una rabbia viva, è una rabbia che ha fame di vita, non di morte.

Odio la gente che non riesce ad avere fame di vita, quella a cui va tutto bene. Lo zen è un campo più che minato per quanto mi riguarda; tanto quanto chi vive non avendo più voglia di nulla e non sapendo che le labbra, quando sorridono, sono la parte più bella di qualsiasi viso.

Vi siete mai innamorati di un sorriso? Io sì, e fidatevi, è meraviglioso. Se poi quel sorriso era rivolto a voi, sappiate che non lo dimenticherete così facilmente.

Più vedo quei sorrisi e più mi innamoro di questa insostenibile leggerezza dell'amore, che si manifesta in mille sfaccettature, ma sempre e soltanto in quei rapporti che avranno sempre un filo in acciaio a sostenerli e legarli. Che sia amicizia, fratellanza, amore di coppia, poco, anzi pochissimo importa.

Odio et amo.

Amo i folli, amo quei capelli che non sono mai al loro posto, perché ogni posto è quello giusto se riesci a essere te stesso,

amo quella gentilezza d'animo nascosta da un'armatura in acciaio, che si manifesta quando meno te l'aspetti e sa tagliare l'ipocrisia dei miserabili senza parole,

amo il vagone dei sognatori poco raccomandabili, perché su quello ci viaggio pure io: dove ci si affanna per (in)seguire difficoltosi viaggi di testa che tendono all'infinito.

Amo la polvere, le mani sporche di terra, di lavoro, di sesso, di carezze,

amo gli occhi che si abbassano, che di quelli così pieni e sicuri di sè stessi non ne abbiamo bisogno, non c'è mare dove buttarsi lì, la profondità è troppo piccola per poterlo farlo.

Amo le facce coperte dai cappucci delle felpe, che si perdono dietro a milioni di pensieri mentre intorno piove di tutto, mentre si escogitano tramonti e si dipingono albe perché il nero stanca, come stanca la normalità.

Amo le urla che non sanno smettere perché dentro esplode il mondo, mentre l'anima va a fuoco,

amo i silenzi difficili, creati da catene per aiutarsi a dimenticare, scappare, nascondersi, mentre vorresti correre, abbracciare, morire tra le sue braccia che no, non ci sono.

Amo gli insensati, quelli che agiscono senza ragionare, quelli che corrono sotto la pioggia a prenderla tutta e poi si fermano ad assaggiarla a bocca aperta,

quelli che non hanno paura: gli sbagliati, che con le loro menate mentali non sanno dove andare.

Amo i pazzi, i folli, quelli che sanno ridere mentre piangono, mentre il cuore si spacca in miliardi di pezzi ma l'ultimo ricordo è quello più dolce e bello che si possa avere.

Amo i difficili, quelli che non ci sono riusciti, quelli che "avrei voluto", quelli che non ne sono stati capaci e non lo saranno nemmeno un domani,

amo gli interrotti, che comunque sia vanno avanti, con la testa tra le mani e gli sbuffi, e lo sguardo corrucciato e le negatività che nascondono un cuore grande.



E niente. E poi c'è che amo te, imperfetto, noioso e nemmeno lontanamente infallibile: amo te come non credo sia possibile fare, senza difese, senza paura, senza legame... senza l'amore che tutti conoscono.... Solo come i folli sanno fare.

L’amore lo riconosci in un modo preciso: quegli occhi lì ce li hai solo per quegli occhi lì.





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